“Per tutta la vita ho dormito ogni notte sotto la luce blu di una lampada UV per contenere il più possibile i livelli di bilirubina, scongiurare possibili danni neurologici e cercare di mitigare il colore giallo della pelle, che spesso ha creato disagio psicologico e sociale. Il trapianto di fegato era l’unica soluzione per guarire.
Oggi, grazie al progetto CureCN e al team del professor Lorenzo D’Antiga, la terapia genica per Crigler-Najjar è una realtà. All’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo ho trovato un gruppo che mi ha accompagnato con competenza, attenzione e grande professionalità, trasmettendomi sicurezza e positività. Grazie a ciò non ho avuto paura di affrontare la terapia genica per prima”.
Gaia, 28enne di Varese, è stata la prima paziente ad essere stata curata con questo approccio innovativo. Era il 18 novembre 2020 quando all’Ospedale di Bergamo le è stato iniettato questo virus, chiamato in gergo tecnico “adeno-associato”, che ha poi raggiunto il fegato ed è entrato nel nucleo delle cellule, liberando il piccolo frammento genetico che si è posizionato accanto al DNA della paziente. Qui ha iniziato a produrre la proteina che i cromosomi originari non erano in grado di sintetizzare, a causa della mutazione che determina la malattia.
Questa terapia in futuro potrà scongiurare il trapianto di fegato
Oggi uno studio clinico pubblicato sul “New England Journal of Medicine” conferma la sicurezza e l’efficacia sull’essere umano della nuova terapia genica sperimentale per la cura della sindrome di Crigler-Najjar, una malattia genetica ultra-rara che impedisce all’organismo di eliminare la bilirubina. L’unica terapia risolutiva per tenere sotto controllo questa sostanza, tossica ad alte concentrazioni per l’organismo e causa di danni cerebrali irreversibili, è finora il trapianto di fegato.
Una nuova vita senza ‘luce blu’
Il dato più rilevante che emerge dallo studio è che per tre pazienti, trattate con la dose più alta due anni fa dai medici del Papa Giovanni XXIII, è stata dimostrata l’efficacia nel correggere la malattia. Per queste pazienti è iniziata una nuova vita senza ‘luce blu’. Sono state curate da un’equipe guidata da Lorenzo D’Antiga (nella foto in basso insieme a Gaia), Direttore della Pediatria dell’ospedale Papa Giovanni XXIII, sperimentatore principale del trial clinico e primo autore dello studio.

D’Antiga: “Risultati entusiasmanti, ora puntiamo a nuove sperimentazioni”
“Lo studio ha dimostrato il ripristino dell’espressione del gene UGT1A1, responsabile della sindrome, e un’ampia riduzione dei livelli di bilirubina, rimasta al di sotto del livello tossico per 80 settimane o più dal giorno del trattamento – spiega D’Antiga. Siamo di fronte alla prima prova in assoluto dell’efficacia sull’essere umano di una terapia genica in una malattia metabolica del fegato.
Questa terapia potrà in futuro scongiurare il trapianto di fegato, l’unica soluzione definitiva per i pazienti con la sindrome di Crigler-Najjar. I risultati sono entusiasmanti e ci spingono a proseguire il progetto in rete con i nostri partner internazionali. Ora puntiamo anche a nuove sperimentazioni sulle malattie genetiche del fegato”.
La sperimentazione internazionale è promossa da Généthon (Organizzazione fondata da AFM-Telethon, associazione di pazienti che organizza il Théléthon francese) e sostenuta da un finanziamento della Commissione Europea nel programma Horizon 2020. Le cinque pazienti finora trattate con questa innovativa terapia sono state arruolate da tre centri europei che fanno parte del consorzio scientifico CureCN.
Pezzoli: “Bergamo riferimento anche per le malattie epatiche nei bambini”
“Il nostro Ospedale crede nelle terapie avanzate come parte integrante di un processo di continuo miglioramento dell’efficacia dell’attività clinica per i nostri pazienti – spiega Fabio Pezzoli, direttore sanitario dell’ASST Papa Giovanni XXII.
Anche grazie ad una intensa attività clinica e di ricerca nel settore dei trapianti, siamo tra i centri di riferimento in Europa per la cura delle malattie epatiche nei bambini, comprese quelle rare, che hanno impatti devastanti sulla vita dei bambini e delle loro famiglie”.
Stasi: “La ricerca è uno degli asset strategici del Papa Giovanni XXIII”
Per Maria Beatrice Stasi, direttore generale della ASST Papa Giovanni XXIII “la ricerca si conferma tra i principali asset strategici del nostro Ospedale, come evidenziato nel Piano Organizzativo Strategico. La numerosità e la rilevanza della ricerca svolta dai nostri clinici trova anche con questa prestigiosa pubblicazione una ulteriore conferma delle competenze in nostro possesso e dell’impegno ogni giorno profuso per il progresso della medicina e per la cura delle patologie più severe quali facce di una stessa medaglia”.
Bertolaso: “Ospedali lombardi, eccellenze nelle cura e nella ricerca”
“I nostri ospedali sono altamente all’avanguardia non solo dal punto di vista della cura della patologia ma anche da quello della ricerca scientifica – commenta l’assessore regionale al Welfare, Guido Bertolaso.
La terapia genica si è già rivelata efficace per il trattamento di diverse malattie e continua a dimostrarsi promettente per molte altre, tra le quali malattie rare finora considerate incurabili. Faccio i miei complimenti ai ricercatori coinvolti nello studio e ringrazio tutti coloro che hanno collaborato al raggiungimento del risultato clinico più importante: la guarigione delle pazienti”.
La Crigler-Najjar
La sindrome di Crigler-Najjar è una malattia genetica rara che colpisce il metabolismo della bilirubina nel corpo. La bilirubina è un pigmento giallo prodotto durante il normale processo di demolizione dei globuli rossi. Nelle persone con sindrome di Crigler-Najjar, il fegato è incapace di convertire efficacemente la bilirubina in una forma che possa essere eliminata dal corpo attraverso la bile e l’urina. Di conseguenza, la bilirubina si accumula nel sangue, causando ittero (ingiallimento della pelle e degli occhi) e, in alcuni casi, danni al cervello.
Esistono due tipi principali di sindrome di Crigler-Najjar: il tipo 1, che è più grave, e il tipo 2, che è meno grave. Nel tipo 1, l’enzima necessario per convertire la bilirubina è completamente assente o non funziona affatto. Questo può portare a un accumulo molto alto di bilirubina nel sangue, che può causare danni cerebrali irreversibili se non trattato. Nel tipo 2, l’enzima è presente ma non funziona adeguatamente, causando un accumulo meno grave di bilirubina.
Il trattamento principale per la sindrome di Crigler-Najjar coinvolge la fototerapia, in cui la pelle viene esposta a una luce blu speciale che aiuta a rompere la bilirubina in forme più facili da eliminare. Nei casi più gravi, può essere necessario un trapianto di fegato per sostituire l’enzima difettoso.
La sindrome di Crigler-Najjar è ereditata in modo autosomico recessivo, il che significa che deve essere ereditata da entrambi i genitori portatori del gene difettoso. A causa della sua rarità, è una condizione che richiede una gestione e un trattamento specialistici.