Ieri il mio papà Dino è diventato un angioletto.
Sono quattro mesi dai due interventi d’urgenza per calcolo incuneato nell’ileo, durante i quali hai voluto rimanere attaccato alla vita in tutti i modi.
Non c’era un organo che funzionasse: né il cuore, né i polmoni, né i reni, né il fegato. Dell’intestino solo un piccolo breve ricordo, con addome aperto per giorni e poi la realizzazione di un’ileostomia a seguito di interventi eroici del dott. Matteo Porta e del prof. Hayato Kurihara, della loro equipe, della terapia intensiva.
Loro gli eroi che hanno provato l’impossibile, Tu l’eroe che ci ha creduto, che nonostante l’estrema unzione, anzi due, hai tenuto fermo il timone della vita.
Lo hai fatto, nonostante le avversità di questi mesi nel reparto di medicina d’urgenza, dove sembrava ti addormentassi irrimediabilmente tra le braccia di Morfeo e naturalmente non ti sei fatto mancare una polmonite e nuovi interventi locali per rappezzare la stomia.
Ci dicono che sei fragile, basta nulla.
Un mese in Maugeri e anche lì, la salita nel rimettere a posto valori che sembravano un irrinunciabile previsione dall’esito certo.
Ma tu Dino, tu papà, tu nonno Dino ci hai abituato alle sorprese, allo stupore. Avevi ripreso a mangiare da solo, naturalmente tutto addensato e omogeneizzato per la disfagia, non lo sapevo. Io ti imboccavo e alla mia suggestione di diventare autonomo a breve e tu mi hai risposto: “ A pranzo mangio da solo. Ma a te piace farlo!” e una grossa risata di entrambi. Imboccato come un bambino, con la tua coperta di pile azzurra regalo di Natale, ti facevi coccolare, non solo da noi, da tutti.
Facevi gli esercizi con le braccia, ti sei rimesso a leggere, a parlare, incurante di una stomia che ti creava ustioni e danni a tutta la sua pelle e tu sempre sorridente.
Sembra che sia impossibile pensare a un dopo per rimetterti in piedi, ma tu ce la fai e arrivi al Pio Albergo Trivulzio a gennaio e iniziamo la scommessa della riabilitazione, addirittura col girello in pochi giorni. Poi, una subulussazione della spalla e la settimana successiva l’emoglobina a picco, ricovero urgente al Policlinico. Al Pronto soccorso oltre ai valori ematici, ci si ritrova con ustioni devastanti per la tua ileostomia. Intorno a te corrono tutti, medici e le tue stomaterapiste Carla ed Elisabetta, che ti hanno sempre seguito in presenza e a distanza. Sempre disponibili a supportare il mio papà, ovunque fossi, e a sopportare me con tutti i messaggi su whattsap. Trasfusioni plurime e ancora un’infezione potente.
Incominci a farti silenzioso, sembra che tu sia diventato ipoacusico, strano ci hai sempre sentito bene.
Decidono che è arrivato il momento di tornare al Pat, a noi sembra prematuro. Nuovo ricovero, che porta un disastro allo stoma, a un virus che intacca i reni.
Di corsa ancora al Ps, questa volta al San Carlo; tu lì inerme tra le mie braccia, solo un pochino di gel e il ricovero prima al pronto soccorso, non vorrei lasciarti solo, senza nulla, senza neanche la tua copertina. Ti ricoverano in medicina d’urgenza, sistemano i valori renali, per quanto la normalità dei valori corretti non ti riguardi; noi abbiamo imparato a guardare e osservare i tuoi miglioramenti che sono anche i nostri.
Tutti pieni di attenzione per il mio papà Dino, che parla con voce flebile ed è tutto nei tuoi occhi, qualche giorno un più vispi, qualche giorno un po’ più chiusi, sempre pronto a farmi l’occhiolino prima di tornare a casa.
Il dottor Pietro Lattarulo si impegna a trovare una soluzione efficace per la stomia , che di nuovo è arrivata in condizioni indicibili. Si trova la fata della stomia anche qui, insieme a tutte le infermiere e le Oss che ti coccolano, che si prendono cura di te.
Viene Mariella a trascorrere del tempo con te.
Mangi e oltre che con noi, con Marco e la mamma, impari a stare anche con la mia amica Simona, mia compagna del liceo.
Ci sono gli sguardi, brevi narrazioni e i sorrisi che accompagnano la visione dei video delle bimbe pelose di Beatrice e Lorenzo, i miei figli, i tuoi nipoti che il lavoro impegna altrove insieme ai loro fidanzati Manuel e Michelle.
E ci sono gli scoiattoli che ci vengono incontro lungo l’accesso all’ospedale che diventano l’allegra festa che condividiamo con te.
Sembra tutto andare per il meglio, certo non ti muovi, fatichi a parlare, però sentiamo che va meglio, quando improvvisamente qualcosa non torna, il cibo, la deglutizione e la tosse. Passiamo alle crisi respiratorie, al non poter neanche deglutire nulla. Quando ci sono le emergenze, come sempre abbiamo appuntamenti burocratici per te al caf e noi arriviamo da te.
Sabato sera, proviamo a darti un pochino di purè e il formaggino spalmabile. Evviva!
È tutta la settimana che la mamma viene da te, esce di casa, va in piazzale Lotto a prendere il taxi e arriva col suo girello. Sta vicino a te e proprio sabato hai cercato sempre la sua mano, la prendi e la trattieni.
Forse, lo sai, certo che lo sai. Sussurri, ti alzo e abbasso il letto e l’occhiolino a destra e sinistra me lo fai e lo porto con me.
Porto con me il tuo sguardo che indagava ogni volta che parlavamo con te, porto con me il tuo sorriso degli occhi che regalavi alle battute, porto con me tutta la magia dell’averci regalato un giorno dopo l’altro la possibilità di stare con te ancora un po’ di tempo, quel tempo che ci hai voluto dare per salutarci e farci sentire che ci sei, anche se poi a un certo punto saresti andato via.
Ho corso disperatamente in auto domenica mattina per arrivare, per salutarti, per accompagnarti. Mi ha richiamato il dottore ed ero di fronte alla porta del reparto. Avrei, avremmo voluto essere lì con te, ma tu sai che c’eravamo.
Ora è certo, sei con la tua mamma che hai perso a otto anni e col tuo papà che se n’è andato quando ne avevi 11 e i tuoi fratellini. Il collegio, la lontananza e il dovertela cavare da solo. La vita ti ha regalato una salita, ma tu hai scalato montagne sempre con il sorriso. Tutti sanno della tua dolcezza e desiderio di comunicare. Hai aiutato chiunque avesse bisogno, dando il tuo tempo come fosse la cosa più naturale di questo mondo. Hai dedicato tempo a noi, sempre. Ora stai con tutti i cugini del Veneto a sorridere e ti penso in Piazza Tripoli che salti di felicità come quando sono nata io.
Uomo grande, senza ostentare grandezza, uomo pieno d’amore, generoso nel condividerlo senza chiederlo, uomo immenso di rara umanità.
Sai ci mancherai tanto, ti voglio bene e ricordati sempre di farmi l’occhiolino!