Proseguono le nostre interviste ai candidati a Sindaco di Milano e oggi parliamo con Bianca Tedone con la lista Potere al popolo Milano.

Ringraziamo Bianca Tedone e come a tutti i canditati che intervistiamo, un grande in bocca al lupo anche a lei, convinti che le idee, da qualsiasi parte arrivino, possono solo migliorare la vita della città. Sperando che chi verrà eletto le colga, senza pregiudizi.

La scheda

Bianca Tedone, candidato Sindaco di Milano Potere al popolo Milano.
Bianca Tedone, candidato Sindaco di Milano Potere al popolo Milano.

Unica donna candidata a sindaco, al momento, Bianca Tedone ha 28 anni, è laureata in giurisprudenza, lavora in università, è iscritta a filosofia ed è attiva nel volontariato. Tra le tante iniziative, ha contribuito alla costituzione della Brigata Abd Elsalam che, in collaborazione con Emergency, distribuisce pacchi alimentari alle famiglie in difficoltà del Corvetto e mira a creare una rete di solidarietà e di reciproco aiuto dove chi può dare dà e chi ha bisogno riceve.

L’intervista

Bianca, come è nata la tua candidatura?

Partiamo da questo presupposto, Potere al Popolo si prefigge come obbiettivo quello di costruire lo strumento della rappresentanza degli interessi degli sfruttati e dei subalterni di questo paese. Questa tornata di amministrative vede andare al voto, oltre Milano, le principali aree metropolitane dopo una crisi pandemica che ha colpito duramente ma che ha fatto da cartina di torna sole rispetto ad enormi contraddizioni già presenti in questo modello di società.

La popolazione di questo paese ha pagato il prezzo dell’erosione della sanità pubblica da parte del privato, di un lavoro sempre più precario e povero, in definitiva di un welfare pubblico devastato da logiche aziendalistiche e prosciugato dalle politiche di austerity. Un prezzo così alto, sentito letteralmente sulla pelle, ha fatto si che tornasse prepotentemente nel dibattito la questione del pubblico e della via di uscita collettiva ai problemi. D’altronde, la differenza di come sia stata affrontata la pandemia da altri paesi quali Cuba o la stessa Cina, è oggettivamente evidente.

Cuba in particolare con le brigate mediche e con il vaccino prodotto tutto in ambito pubblico e senza brevetto ha dimostrato come sia possibile concepire e realizzare una sanità non piegata alle logiche di mercato. È in questa cornice che bisogna leggere la nostra partecipazione alle elezioni. Cogliere l’occasione per portare nella campagna elettorale il nostro concetto di pubblico che è ben diverso da quello delle S.p.a comunali tanto care a Sala.

Un pubblico che non replichi il privato nella ricerca del profitto ma sappia cambiare la sua ragione sociale mettendo al centro bisogni ed esigenze dei cittadini. Per questo, l’assemblea di Potere al Popolo Milano ha deciso di essere presente indicando me come candidata alla carica di sindaco. Vediamo questa esperienza come primo passo nella costruzione di Milano città pubblica. Parola d’ordine che abbiamo declinato anche per le amministrative di Roma e Bologna. Infine, due parole sulla domanda che mi vedo ripetere spesso “Com’è essere l’unica candidata donna”? Io, onestamente mi meraviglio che siate meravigliati. Che ci sia un problema di genere in questo Paese, e non solo, mi pare sia un dato di fatto. Che i partiti tutti non siano capaci di creare le condizioni perché si formi al loro interno una reale classe dirigente che includa le donne lo è altrettanto. Vediamo solo operazioni figurina e copertine di Vanity Fair buone a fare pink washing ma che di sostanza non hanno nulla.

Voglio essere ferma su questo punto. Le donne che vogliamo rappresentare, anche con la mia candidatura e quella delle altre compagne in lista, non sono di certo le Top Manager o le imprenditrici rampanti ma tutte quelle donne più colpite dalla crisi e su cui si scarica oltre il problema del reddito, dell’abitare e della carenza di servizi anche l’onere del lavoro di cura. Se vi va di approfondire la questione mi permetto di consigliare un libro di qualche anno fa ma che conserva viva la sua attualità “Donne, razza e classe” di Angela Davis. 

Hai dichiarato che “questa è una città che diventa sempre più un parco giochi per ricchi, come l’hanno trasformata da Sala e i suoi predecessori, sia di centrodestra che di centrosinistra”. Come si può combattere l’altissimo costo della vita?  Come si può eliminare il precariato

Credo che, chiunque viva e lavori in questa città con un reddito inferiore ai 5000 euro mensili, comprenda benissimo cosa io intenda quando parlo di “parco giochi per ricchi”. Ci si trova a produrre una ricchezza, in molti casi vero e proprio lusso, i cui frutti vanno nelle mani di pochi. A noi rimangono i ritmi sempre più alienanti e salti mortali per arrivare a fine mese. La stretta attualità delle condizioni di lavoro nello studio di architettura di Andrea Caputo sta lì a dimostrarlo. Ci racconta che, una tale condizione, riguarda, con i dovuti fattori di scala, fasce sempre più larghe della popolazione che vanno dai rider ai lavoratori più qualificati.

Tutto questo è frutto di una costruzione che parte da lontano non è una degenerazione di un modello potenzialmente virtuoso o funzionante. È il risultato dell’aver sostituito il sindaco con il city manager, le politiche abitative con il social housing, il welfare pubblico con il terzo settore, gli enti pubblici con le S.p.a. Se si costruisce un modello di città che abbia come scopo principale quello di attrarre capitali e rendere profittabili gli investimenti, costo della vita elevato e precariato non sono errori di percorso ma costi calcolati e necessari affinché tutto si regga. In questo Sala è in perfetta continuità con i suoi predecessori, magari varia il tono ma, lo spartito, è sempre lo stesso. È per questo che riteniamo necessario abbattere il modello Milano e costruire la Città Pubblica.

Al crescente costo della vita noi rispondiamo con un vero welfare pubblico che metta al centro i reali bisogni di chi abita la città, primi su tutti la questione abitativa e il sostegno al reddito. Ciò significa reinternalizzazione di tutti i servizi. Proprio nelle esternalizzazioni, infatti, si riproducono condizioni di lavoro e precariato feroci tramite lo strumento delle false cooperative e delle fondazioni. È questo uno dei punti da cui può partire una amministrazione comunale. Per farlo, però, bisogna avere il coraggio politico di mettere in discussione ciò che in questi anni ha strozzato la spesa pubblica: i vincoli di bilancio. In poche parole, le politiche di austerity dell’Unione Europea e del suo attuale campione Mario Draghi.  

Milano non è l’Italia intera. Tu, rispetto ai nuovi modelli di lavoro legati alla città e ai modelli di acquisto, che idea ti sei fatta?

I “nuovi” modelli di lavoro sono quelli dello sfruttamento sempre più intensivo. Più che nuovi sono vecchi di più di un secolo. Un caso emblematico è quello dell’Asp Golgi Radaelli. Una RSA rispetto alla quale il comune ha responsabilità nominando due consiglieri, tra cui il presidente, all’interno del consiglio di indirizzo. Beh, proprio nei giorni scorsi il sindacato USB presentava un esposto in cui denunciava che nei reparti appaltati ai privati la mortalità è, di fatto, quadruplicata e che i tagli alla quantità e qualità del lavoro dei dipendenti rende impossibile prendersi cura dei degenti. Chi prova a lamentarsi incorre in lettere di richiamo. O forse, si riferiva al regolamento di condotta dei dipendenti comunali a cui è vietato fare dichiarazioni ritenute lesive per la giunta?

Questo mi ricorda tanto gli operai dell’ex Ilva di Taranto sospesi per aver invitato a guardare una fiction ritenuta scomoda. Ah, ci sono, lei parlava delle famose start up come StraBerry la colorata e innovativa azienda biologica di fragole che però dietro nascondeva un grande classico come lo sfruttamento ed il caporalato. Tutto questo non a Rosarno ma poco fuori Milano a Cassina de’ Pecchi. Milano non è l’Italia intera, certo, è molto più brava nel raccontarsi diversa. Ma i modelli di lavoro legati alla città che vediamo sono questi e sono strutturali, il resto quando non è sperimentazione nello stesso verso è molto spesso operazione di marketing politico.

Riguardo i modelli di acquisto, se lei si riferisce ad i gruppi di acquisto solidale, trovo siano un ottimo segnale ma insufficienti. Mi spiego meglio, è sicuramente meritorio che ci siano persone che si pongano il problema della sostenibilità sociale ed ecologica di ciò che acquistano, ciò permette di aumentare la propria consapevolezza e di interrogarsi sui problemi. Allo stesso tempo sono convinta che da soli non bastino. Bisogna avere il coraggio del passo in più, una volta chiaro il problema vanno individuati i responsabili e chiedersi cosa si possa fare per cercare di cambiare la realtà. Bisogna avere altrettanta consapevolezza nel comprendere che l’acquisto di un prodotto invece di un altro non inciderà sulla realtà. Il mercato non è certo condizionabile dall’ultimo anello della catena.  

Quale idea di città vorresti rappresentare, quali le principali critiche e quali le proposte? 

Innanzi tutto, smetterla con la favoletta di Milano aperta, inclusiva e luogo delle opportunità. La realtà delle cose ci dice altro. Solo smontando questa retorica luccicante ed artefatta si possono individuare i problemi ed attivarsi per risolverli. La città che vogliamo rappresentare è quella costruita sugli interessi di chi, arrivando da ogni parte di Italia e del mondo, si trova ingoiato da un vero e proprio tritacarne. Una Milano che tragga insegnamento dalla grande crisi del Covid 19, ricordo che questa città ha avuto un numero di morti maggiore di quello dei morti civili della seconda guerra mondiale. Lo ricordo specialmente a chi lanciava gli hashtag “milanononsiferma”. 

Il grande insegnamento che possiamo trarre è indubbiamente che le vie di uscita debbano essere collettive diversamente, il prezzo pagato dalle fasce popolari sarà feroce. Uscire collettivamente significa costruire una Milano città pubblica che veda cambiare la propria ragione sociale e che non abbia come referente unico affaristi ed investitori. Un cambio di passo in questo senso è fondamentale e presupposto imprescindibile per poi arrivare agli specifici dei servizi, delle politiche abitative, del lavoro, della mobilità. Faccio un esempio pratico. Credo tutti ricordino gli autobus affollati durante i lockdown e come questi costituissero un rischio focolaio. Atm anche se di proprietà del comune è una S.p.a. e in quell’occasione si comportò come tale. Antepose la profittabilità alla salute pubblica e ridusse il numero di corse. Un atm realmente pubblica avrebbe avuto la possibilità di fare il contrario. Lo stesso criterio si può estendere ad M.M. (metropolitane milanesi) che gestisce le case popolari in capo al comune piuttosto che A2A. In definitiva la Milano attuale è concettualmente sbagliata e va ricostruita su nuovi presupposti e badando a interessi diversi.

Due domande forse scomode, quale è il tuo obiettivo in termini di voti e cosa farai al secondo turno se non sarai uno dei due contendenti? 

Come accennavo prima il nostro obbiettivo è la costruzione della rappresentanza politica dei settori subalterni e questo è un percorso fatto di sperimentazioni e contempla anche il passaggio elettorale. Un passaggio importante ma per noi non costituisce l’alfa e l’omega. C’eravamo prima, vogliamo esserci con forza durante ma, soprattutto, ci saremo anche dopo.

Un voto alla lista di Potere al Popolo significa voler investire in questo progetto e costituisce, nel vero senso della parola, un voto utile. Saremo pronti a cogliere le opportunità che si presenteranno e condurremo una campagna elettorale all’altezza senza però scivolare nell’elettoralismo fine a sè stesso. non basta dire “vogliamo le case popolari” bisogna andare al fondo delle contraddizioni e delle responsabilità politiche che hanno portato a questo modello, invece si cerca di rimanere nelle compatibilità per poi arrivare a qualche compromesso che non porta nessuna reale trasformazione. Questo è un errore che nel campo della sinistra “radicale” è stato commesso spesso ed anche oggi vedo una certa predisposizione a questa coazione a ripetere.

Noi vogliamo segnare un cambio di passo rispetto a questo e segnare una rottura alla subalternità al PD e ai suoi affluenti più o meno consapevoli. Riguardo al secondo turno, la risposta “furba” sarebbe che sarò io ad andare al secondo turno ma voglio fugare ogni ambiguità. Per noi Sala con il suo centrosinistra ed il centrodestra rappresentano due facce della stessa medaglia, lo dimostra il fatto che governino insieme ed insieme sostengano Draghi. Sono, pertanto, i nostri “nemici” politici. Non faremo nessuno sconto, nessuna logica del meno peggio, nessun argine contro le destre. Per noi le destre sono due e vanno combattute entrambe.

Per chiudere: periferie, sanità, inclusione, e davvero tanto altro… una sintesi delle tue idee? Dove possiamo leggere il programma che porti avanti?

L’agire politico e le analisi che abbiamo fatto in questi anni come Potere al Popolo in città credo dicano chiaramente quale sia il modello di città che abbiamo in mente e sulle nostre pagine social è possibile trovare tutto. In ogni caso usciremo a breve con un documento che faccia sintesi di tutti gli aspetti. 

Come accennavo sopra, non basta dire “vogliamo le case popolari e un rafforzamento del sistema di trasporti”, bisogna andare al fondo delle responsabilità politiche che hanno creato un modello che disinveste in tutto ciò che è al servizio della collettività e delle sue fasce più deboli; gli investimenti, in particolare in termini di trasporti riguardano solo le aree che sono oggetto di specifiche operazioni di speculazione e che sono quindi destinate a diventare nuovi quartieri per ricchi.  quello che abbiamo notato è che questo modello che dismette il pubblico e privatizza lo fa sulla base dei vincoli di bilancio di diretta imposizione europea, che strozzano la possibilità di spesa pubblica. Salvo poi vedere che quando si tratta di grandi eventi e manifestazioni appetitose per gli investitori, i soldi, non solo quelli privati ma anche pubblici, arrivano a palate. Questo quadro di austerità va quindi messo in discussione e questo aspetto nessuno ha il coraggio di metterlo in luce, neanche chi si professa alternativo a Sala. 

Solo ingenti investimenti pubblici nel welfare, nelle case popolari, nei trasporti possono tornare a parlare a chi vive nelle periferie e viene sempre più espulso ai margini di questa città. 

Per quanto riguarda la sanità, Sala si è smarcato per opportunismo da Fontana ma il Comune partecipa alla programmazione degli interventi sanitari in città ed è quindi corresponsabile dello smantellamento della sanità territoriale. Peraltro, al di là delle specifiche competenze, il suo agire politico in questo anno di pandemia ci dice che, esattamente come la Regione, questa giunta è rimasta asservita agli interessi di chi non voleva chiudere a tutti i costi, subordinando la tutela della salute al profitto. 

Se vogliamo parlare di inclusione, troviamo scandaloso che questa giunta si professi solidale e inclusiva quando non ha fatto nulla per impedire l’apertura del cpr, voluto da Salvini e mantenuto dai governi a guida PD, se non teatrini di facciata da parte di qualche consigliere di maggioranza che deve strizzare l’occhio all’elettorato di sinistra e salvare la faccia. 

Il cpr è un posto orribile e disumano, in cui si consumano tutti i giorni violenze e violazioni dei diritti umani, una macchia vergognosa per questa città. 


23 GIU 2021 – Gabriele Mariani lista Milano in Comune – Civica AmbientaLista
28 GIU 2021 – Simone Sollazzo lista Milano Concreta
28 GIU 2021 – Gianluigi Paragonelista Italexit
2 LUG 2021 – Giorgio Goggilista Socialisti di Milano
7 LUG 2021 – Mauro Festalista Partito Gay – Solidale Ambientalista Liberale – LGBT+
7 LUG 2021 – Alessandro Pascalelista Partito Comunista
13 LUG 2021 – Bianca Tedonelista Potere al popolo Milano

Segui il tag #elezionimilano2021 per tutte le notizie.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui