In un momento di assoluto silenzio, sui nostri campi di calcio, abbiamo sentito la storia di un allenatore che ci metteva la voce, ed ora è costretto al forzato riposo: Giorgio Frigau tecnico dell’Accademia Sandonatese.

“A luglio, dopo che Michele Albano, Stefano Spinelli ed il direttore sportivo Elvio Sassi, che ringrazio ancora per l’opportunità datami, mi conferirono l’incarico di allenatore della prima squadra, incontrai per la prima volta la mia nuova compagine; prima di presentare il progetto tecnico, dissi subito loro di prepararsi ad una stagione “difficile”, ma molti credettero mi stessi riferendo ai risultati sportivi.
Sempre a luglio, in occasione del secondo incontro, prima del rompete le righe, specificai che le difficoltà che avremmo dovuto affrontare nel corso della stagione, sarebbero dipese dalla gestione della pandemia e non dalle aspettative di classifica. Ma forse in quel periodo, le mie parole sembravano un po’ distanti dalla realtà. Il Covid sembrava solo un brutto ricordo.
Iniziamo la preparazione, le prime amichevoli, la prima partita di coppa, il campionato; si cerca di rispettare al meglio tutti i protocolli imposti dalla federazione. A ottobre arriva il primo caso positivo in squadra, ed andiamo tutti a casa! Poi tutto si ferma di nuovo.
Ora ci è stata data la possibilità di svolgere gli allenamenti in forma individuale. La prima cosa che faccio è incontrare via Zoom i miei ragazzi per condividerne gli aspetti della preparazione.
Cerco di essere onesto e chiaro con loro; riprendere non sarebbe stata cosa semplice. Avrebbe potuto generare gli stessi problemi di ottobre, anche se la sicurezza di non essere contagiati è molto elevata, visto il numero ridotto dei partecipanti ed il distanziamento di minimo due metri in campo. Il nostro centro sportivo è un posto sicuro, anche grazie all’impegno costante della società; ma il virus potrebbe arrivare da fuori ed è qui che si attivano i protocolli sanitari che destabilizzano la nostra sfera privata.
Spiego loro che ritengo gli allenamenti individuali inutili ai fini prestativi, perché non si potranno proporre partite e giochi di situazione; quindi tutto quello che si potrà fare sarà comunque distante dal gioco del calcio ed avrà solamente finalità psico – motorie generiche, quindi non specifiche.
Credo di essere un allenatore autorevole, che ama coinvolgere i ragazzi nelle scelte; mi sono messo a disposizione, ma spettava soprattutto a loro decidere: su una rosa di 24 giocatori aderiscono in 12 subito, poi 2 ci ripensano e diventano 10. Tutto ciò porta ad un non senso da un lato, perché allenarsi in così pochi, in forma individuale non serve a preparare un gioco di squadra così complesso. Potrei farli correre, palleggiare, o fare tanto analitico, ma si produrrebbero soltanto effetti sterili; l’apprendimento passa attraverso le situazioni di gioco reali, sia dal punto di vista fisico che di tecnica/tattica individuale e collettiva.
Nel mese in corso abbiamo svolto solo due sedute individuali, con 7 giocatori la prima e 10 la seconda. Ne riparleremo eventualmente a gennaio.
Il messaggio che ho cercato di far passare a tutti è che, seppur il calcio è da sempre parte integrante della nostra vita, in questo momento storico occorre darci delle priorità; ovvero pensare alla salute nostra, dei nostri familiari, al lavoro e agli studi. Purtroppo il Covid non lo possiamo debellare da un giorno con l’altro ed i protocolli per noi dilettanti sono troppo penalizzanti. Non dobbiamo far credere che tutto si possa fare, non dobbiamo far credere che a breve tornerà tutto come prima; dobbiamo alimentare l’ottimismo, ma con pragmatismo. Dobbiamo infondere l’idea che quando tutto questo sarà finito, ci divertiremo come dei bambini e che vivremo il nostro sport come mai avremmo potuto immaginare.
La pandemia ha staccato alcuni frammenti della nostra esistenza, in termini psicologici, sociali, relazionali, affettivi, ma ne stiamo attaccando degli altri che sono più robusti, perché generati dall’adattamento che fortifica ogni essere vivente in ogni situazione di disagio psico – fisico che ci vediamo costretti ad affrontare. Su un’eventuale ripresa delle competizioni auspico possa avvenire in regime di massima sicurezza e non per cause di forza maggiore, perché in questo caso lo “spettacolo” non deve continuare per forza a febbraio o a marzo se le condizioni sanitarie non lo consentiranno. Si potrebbe rimandarlo un po’ più avanti, magari facendoci giocare anche a luglio se sarà necessario, credo che mai come adesso in molti sarebbero disposti a metterci in calce una bella firma”.
Claudio Cornalba