“Figaro qua, Figaro la…” cantava il Barbiere di Siviglia, nella famosa opera buffa di Gioacchino Rossini, anche se di buffo in era Covid 19 c’è ben poco per il settore dei parrucchieri, barbieri e centri estetici, che hanno smesso di cantare fra un lockdown e l’altro, in mezzo a forbici e lamette che stanno tagliando ogni speranza alle loro attività, in un settore sempre fortemente soppiantato dalla concorrenza cinese e non solo.
L’Italia è al 7°posto per numero di parrucchieri e barbieri; 104.849 secondo i dati di Unioncamere, il podio spetta a Cipro mentre Milano è la città che registra il maggior numero di attività del settore.
L’Eco di Milano e provincia www.ecodimilanoeprovincia.it per l’occasione ha visitato il negozio storico di Michele Traficante in via Vigilio Inama, a Città Studi, che in questo anno segnato dal virus ha avuto un forte calo -secondo il titolare- che nel suo elegante negozio ci ha raccontato le difficoltà a seguito delle aperture e chiusure a intermittenza, che rischiano di diventare il filo conduttore delle nostre vite per i prossimi mesi, se non anni.
Lo stipendio medio di un apprendista parrucchiere varia dai 600 agli 800 euro; fino ai 1.850 di un Hair Stylist (figura particolarmente ricercata dagli anni’80 in poi); mentre nella vicina Svizzera lo stipendio si aggira intorno 4.000 franchi pari a 3.614,07 euro mensili.
Il mercato dell’acconciatura ammonta a 7.3 miliardi di euro di PIL, ma pochi sono gli italiani che conoscono quanto questo sia un settore effettivamente trainante della nostra economia del quotidiano.
Negli Stati Uniti, i negozi di Hair Stylist arrivano anche a un giro di affari di 245.000 dollari annui; ma negli Usa la figura dello Hair Stylist ha una valenza amplificata da Hollywood. Guardando il “film di questa pandemia” auguriamoci che il pelo e il contropelo non rada al suolo la nostra economia, fatta anche di questi artigiani della bellezza.
Emanuele Carlo Ostuni