“Un Piano di politica industriale per la transizione ecologica del settore Automotive che tenga in considerazione le esigenze delle aziende. Solo in Italia si rischia di bruciare oltre 70mila posti di lavoro entro il 2030 con un’accelerata delle delocalizzazioni”.

transizione ecologica
Francesco Buzzella, Presidente di Confindustria Lombardia

È quanto chiedono i Presidenti Francesco Buzzella (Confindustria Lombardia), Pietro Ferrari (Confindustria Emilia-Romagna), Marco Gay (Confindustria Piemonte) ed Enrico Carraro (Confindustria Veneto), che esprimono sconcerto e preoccupazione in merito alle ultime dichiarazioni del CITE – Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica – sulla transizione tecnologica della filiera automotive.

L’orizzonte del 2035 è inattuabile allo stato attuale

A preoccupare, in particolare, è la mancanza di una progettualità chiara che consenta alle migliaia di aziende italiane del settore di adeguarsi gradualmente all’imposizione dell’Unione Europea di procedere con l’elettrificazione dei motori abbandonando completamente la combustione.

L’orizzonte del 2035, per un’industria che deve affrontare una transizione tecnologica senza precedenti, è sostanzialmente inattuabile allo stato odierno. Senza l’indicazione di un’alternativa, o quantomeno l’introduzione di un principio di gradualità, la strada tracciata dall’UE comporterà il blocco degli investimenti nei motori a combustione oltre alla sostanziale chiusura del mercato con conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro. 

Le imprese italiane auspicano la neutralità tecnologica

Gli imprenditori italiani sono favorevoli alla decarbonizzazione ma auspicano la neutralità tecnologica per poter esprimere al meglio le proprie competenze e soprattutto tempi di realizzazione del green deal europeo realistici, perché l’attuale scadenza rischia di mandare KO il 50% del settore della componentistica.

Colmare il gap delle competenze e frenare le spinte delocalizzatrici

Il piano dovrebbe altresì prevedere indicazioni su come colmare il gap delle competenze professionali e dovrà porsi l’obiettivo di frenare le spinte delocalizzatrici che saranno inevitabili nel momento in cui l’impresa valuterà più competitivo produrre in quei Paesi, al di fuori dell’Europa, dove sono già ampiamente utilizzate quelle tecnologie necessarie a rendere sostenibile l’elettrificazione, dove sono presenti le competenze per implementarla, e dove i vincoli burocratici non sono dettati dalle ideologie ma dal mercato.

Non è attraverso politiche anti-delocalizzazioni che si attraggono imprese sul territorio italiano e si incentivano le imprese del settore automotive ad investire su una corretta transizione ecologica.

L’industria ha bisogno di tempi adeguati e politiche ad hoc per la transizione ecologica

transizione ecologica
Paolo Scudieri

Anche Paolo Scudieri, numero uno di Anfia – Associazione nazionale filiera industria automobilistica – ritiene inadeguata la tempistica.

Consapevoli della necessità di rispettare il percorso di decarbonizzazione della mobilità avviato dall’UE, riteniamo che le tempistiche della proposta di revisione del regolamento sulla riduzione delle emissioni di CO2 contenuta nel pacchetto normativo ‘Fit for 55’, ad oggi, non siano in linea con i tempi di adeguamento dell’industria, che necessita, inoltre, di essere accompagnata nella transizione da politiche industriali ad hoc, che favoriscano e sostengano gli investimenti in riconversione produttiva e di poter contare sul ripristino del principio di neutralità tecnologica.

In quest’ottica, ANFIA, insieme a FEDERAUTO e UNRAE, ha inviato una lettera alla Presidenza del Consiglio dei Ministri chiedendo un incontro in cui poter illustrare le proprie proposte di intervento per la riconversione della filiera industriale, di sostegno al mercato e di sviluppo infrastrutturale per le nuove tecnologie”.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui