“L’area verde di via Nervesa deve essere restituita ai cittadini. Il Comune rispetti gli impegni: abbatta le tettorie”. Lo chiede il Capogruppo in Municipio 4 Paolo Guido Bassi con un giro di parole esattamente contrario a quelle che sono le sue intenzioni.
L’area di via Nervesa: origine e problematiche
Il ‘caso’ di via Nervesa ha molta storia alle spalle. Il parco pubblico nasce a scomputo oneri (deduzione di determinati importi) di un grande complesso residenziale privato. In quest’area verde e pubblica sono state costruite delle tettoie in muratura, tavoli di legno e sedute con l’obiettivo di favorire la socialità del quartiere.
Una bella idea, che però si è scontrata con una frequentazione molesta che ‘occupa’ queste ‘casette’ con ritrovi chiassosi e poco compatibili con la tranquillità dei condomini dell’adiacente complesso.
Nel 2015, durante la Giunta Pisapia, un progetto di abbattimento delle tettoie vince e viene approvato ma Palazzo Marino non ha mai dato seguito.
Dal 2016 al 2021, anni in cui Bassi stesso è stato Presidente di Municipio è stato chiesto più volte che si procedesse a realizzare il progetto (cioè all’abbattimento) ma ancora il Comune ha temporeggiato. “Siamo riusciti – ricorda Bassi – ad ottenere, partecipando come Municipio alla spesa, il rifacimento della recinzione, che è stata innalzata e resa meno permeabile rispetto a quella precedente che si era dimostrata inadatta ad evitare intromissioni notturne a parco chiuso” …e ovviamente non hanno avuto effetto nelle normali ore di apertura del parco.
Cosa insegna il caso di via Nervesa
La notizia in se non ha grande rilevanza ma è un buon riassunto delle problematiche sociali che a Milano si sono esasperate negli ultimi anni.
Fastidi e dissidi di vicinato legati esistono dalla notte dei tempi, probabilmente c’erano anche quando l’uomo viveva nelle caverne. Siamo però di fronte a qualcosa di più complesso che la politica non ha saputo ne prevedere ne tantomeno vigilare.
Non è difficile immaginare, ragionando a posteriori, che un’area di socializzazione aperta 24/7 sotto i balconi di un complesso residenziale non è stata una buona idea fin dall’inizio.
Senza entrare nel merito della spinosa questione della maleducazione (se non peggio) e della piccola criminalità che sembra assediare un po’ tutte le zone occorre fare una riflessione più ampia: può una trasformazione dell’urbanistica governare i bisogni dei cittadini o, dopotutto, sono i cittadini che determinano il successo o l’insuccesso di un cambiamento?
Negli ultimi anni molti quartieri sono profondamente cambiati e spesso sono emersi problemi non secondari. La Porta Venezia, per esempio, si è trasformata (naturalmente, senza modifiche urbanistiche) in una zona della movida e ci sono stati molti problemi per i residenti per via del rumore ma anche di sicurezza e spaccio. NoLo si è avviata sullo stesso percorso seguita da altri quartieri, anche se in forma più blanda.
Non vanno meglio le grandi riqualificazioni urbanistiche dove spiccano Citylife e Gae Aulenti. Qui meno problemi di “vicinato”, anche visto la minor densità abitativa, ma quanto a percezione di sicurezza le cose non vanno di certo meglio.
Occorre chiedersi quindi quale sia la ricetta migliore e se sia possibile far convivere spazi urbani condivisi, attività commerciali e abitazioni. Per il momento agli architetti piace mischiare le carte ed entro due anni potremo sperimentare la nuova area di Porta Romana che è un vero meeting pot di tutte le soluzioni più azzardate.
Svanito lo scintillio delle Olimpiadi del 2026 come finirà? Si metteranno transenne alle aree verdi e si chiuderà il “ponte” e tutte le aree di aggregazione?
Si chiederà di abbattere le tettoie?